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Attualmente Ron Mueck è uno dei più importanti iperrealisti viventi.
L'iperrealismo è una corrente dell'arte contemporanea americana, nata negli Stati Uniti all'inizio degli anni Settanta e poi diffusasi in Europa. Chiamata anche superrealismo, realismo radicale, realismo fotografico, iperfotografismo, l'iperrealismo rifiuta la realtà, proponendone una riproduzione meccanica, spesso a partire dalla sua immagine fotografica ingrandita. Ne risulta dunque una visione che va al di là della realtà, stravolgendola. Pur derivando dalla Pop-art, l'iperrealismo non si propone come satira, giungendo talvolta ad un virtuosismo esasperato.
Nato in Australia da genitori tedeschi, Ron Mueck ha viaggiato per gli Stati Uniti, vive a Londra e per venti lunghissimi anni non ha avuto nulla a che fare con l’arte intesa nel senso stretto del termine. Il suo curriculum vitae è una giungla di importanti esperienze in programmi per l’infanzia, effetti speciali per il cinema, pubblicità. L’utilizzo del silicone e di materiali acrilici a cui ci ha abituati non è nulla di nuovo, è un’abilità già padroneggiata per film come “The Storyteller” e “Labyrinth” di Jim Henson. Tuttavia tra il 1996 e il 1997 Ron Mueck prese con tutta probabilità la decisione di applicare le sue capacità ad altri ambiti, e così nel 1997 ha fatto il suo ingresso nel mondo dell’arte nel modo più clamoroso: con la mostra “Sensations: Works of art from the Saatchi Collection” alla Royal Accademy di Londra, presentata più tardi anche alla Hamburger Bahnhof a Berlino. La sua attuale solitaria alla Hamburger Bahnhof (Berlino) trasporta i visitatori nel suo mondo fatto di sculture figurative alle quali manca solo l’alito vitale. È solo questo? È solo la sua grande abilità manuale a trasformare i suoi pezzi in opere d’arte, a suscitare nei visitatori un miscuglio di sentimenti, ma mai indifferenza? Noi pensiamo ci sia molto di più che la pura realtà di un corpo umano e delle sue crude imperfezioni (brufoli, peli sgradevoli, unghie tagliate male, capillari rotti) che “Wow, sembrano proprio veri!”. Tutte queste sculture quasi vive sono vulnerabili. E non certo a causa delle loro imperfezioni, ma perché sono rappresentate in momenti privati durante i quali essere al centro dell’attenzione sarebbe imbarazzante o spiacevole quasi per chiunque.Gravidanze allo stadio più avanzato, nudità, la scoperta della propria immagine allo specchio, invecchiamento. Mueck potrebbe facilmente ferirli. Non lo fa. Li protegge con lo loro stessa dignità, con la loro stessa integrità. Shockare, offendere, ferire: in qualche modo risulta facile. Occuparsi di esseri umani (anche se, in questo caso, fittizi, essendo essi il prodotto di una mente prolifera) in tali momenti e in un modo così delicato è più difficile.
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